Il monachesimo

Il monachesimo, approfondimento di storia per gli alunni del I anno della Scuola Secondaria di I grado a cura di Gabriella Rizzo | Homework & Muffin

I Anno | 12 Dicembre 2020 | Tags:

Verso la fine del V secolo si diffuse in Europa il monachesimo occidentale, fondato da San Benedetto da Norcia.

Prima di addentrarci in questo argomento cerchiamo di riassumere il ruolo della Chiesa nell’Impero romano e dopo la sua caduta.

Finito di leggere l’articolo, giocheremo insieme…

 

IL PRESTIGIO E L’AUTORITÀ DELLA CHIESA

L’editto dell’imperatore Teodosio (380), che rendeva il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero, contribuì ad aumentare il potere della Chiesa, tanto che nei secoli successivi essa esercitò un’influenza decisiva in politica ma anche nella cultura europea.

La Chiesa svolse una funzione importante soprattutto nel corso delle invasioni germaniche e dopo la formazione dei regni romano-germanici.

Alle popolazioni latine offrì aiuto e protezione: la Chiesa era ormai l’unico loro punto di riferimento.

Questo contribuì a farle acquistare sempre più potere, soprattutto grazie all’opera di alcuni grandi papi.

Leone I Magno, papa dal 440 al 461, convinse il re degli Unni, Attila, ad abbandonare il progetto di occupare Roma.

Gregorio Magno (590-604), protagonista insieme alla regina Teodolinda della conversione dei Longobardi, contribuì ad accrescere il prestigio della Chiesa. Infatti, affermò il primato di Roma su tutta la Cristianità (fu ostile al patriarca di Costantinopoli e alla Chiesa ortodossa) e sostenne la diffusione del Cristianesimo tra i popoli germanici.

IL RUOLO DEL MONACHESIMO

Un ruolo di straordinaria importanza nel rafforzamento della Chiesa in Europa, dal punto di religioso e culturale, fu svolto dal monachesimo.

Il monachesimo era nato nel III secolo d.C. nelle province orientali dell’impero romano, quando alcuni religiosi, disgustati dalla corruzione e dalla violenza del mondo, avevano cominciato a ritirarsi nel deserto dove praticavano una vita di digiuno e di totale solitudine.

Sant’Antonio visse quasi tutta la vita in solitudine nel deserto, dedicandosi alla preghiera e alla penitenza. Come sant’Antonio, altri uomini, detti monaci, decisero di vivere isolati offrendo la loro esistenza totalmente a Dio. I monaci erano detti anche eremiti (dal greco éremos, “solitario”) o anacoreti (dal greco anachoretés, “che si ritira in disparte”).

Altri, invece, si dedicavano alla preghiera vivendo all’interno di comunità (definite “monastiche”, perché anche in esse era dato spazio ai momenti di solitudine) ed erano detti cenobiti (dal greco Koinós, “comune” e biós, “vita”, cioè coloro che si dedicavano alle stesse attività dei monaci, ma vivendo in comunità).

IL MONACHESIMO OCCIDENTALE

Il monachesimo occidentale si sviluppò, invece, verso la metà del V secolo con caratteristiche completamente diverse.

Il suo fondatore fu Benedetto da Norcia, che lo organizzò su basi rivoluzionarie: i monaci non dovevano vivere da soli, ma in comunità.

Sorsero così i monasteri sottoposti all’autorità di un abate, capo della comunità dei monaci e responsabile dell’applicazione di un codice di comportamento: la Regola.

Una novità introdotta da San Benedetto fu che alla preghiera doveva accompagnarsi il lavoro, secondo la formula benedettina Ora et labora, “Prega e lavora”.

La Regola organizza la giornata secondo precisi orari. Il monaco deve pregare, lavorare, studiare, mangiare e dormire con gli altri. Infatti, i benedettini cercano la perfezione cristiana proprio nella vita di comunità.

La Regola di san Benedetto era severa, ma lontana dagli eccessi del monachesimo orientale.

La preghiera occupava in media quattro ore al giorno, la lettura dalle due alle quattro ore, il lavoro dalle cinque ore (in inverno) alle otto (in estate). Si mangiava una volta al giorno in inverno e due in estate. Solo i vecchi e i malati potevano mangiare carne; per gli altri era sostituita da pesce, uova e latticini.

I monaci mangiavano in silenzio, ascoltando un altro monaco che leggeva brani della Bibbia.

Anche per gli altri momenti della giornata san Benedetto raccomandava ai monaci il silenzio, perché parole inutili possono allontanare da Dio.

I monasteri, grazie alle attività agricole e artigianali erano del tutto autosufficienti; alcuni accumularono ricchezze enormi al punto da diventare importanti centri di potere.

I monaci seminavano nelle zone incolte, prosciugavano terreni paludosi e diffondevano tra i contadini delle zone circostanti nuovi strumenti, nuove tecniche e nuove colture.

Molti laici ricchi morendo lasciavano beni e terre ai monasteri: per questo motivo molti monasteri diventarono proprietari di vasti possedimenti.

GLI AMANUENSI

Nel monastero al lavoro manuale era affiancato un altro tipo di lavoro: quello intellettuale.

San Benedetto voleva che i monaci sapessero leggere e scrivere per poter studiare e meditare la parola di Dio.

C’erano dei monaci, detti amanuensi, che si dedicavano alla copiatura a mano dei testi antichi.

Uno degli ambienti più importanti del monastero era proprio lo scriptorium (in latino, “luogo dove si scrive”), un vasto ambiente esposto a sud e con grandi vetrate per godere di tutta la luce durante la giornata.

Non si copiavano solo testi sacri, ma anche opere dei grandi autori latini e greci. Così grazie ai monaci amanuensi, sono arrivati fino ai giorni nostri opere dell’antichità greca e romana che altrimenti sarebbero andati perduti.

LE MINIATURE

I manoscritti medievali sono decorati da splendide illustrazioni: le miniature.

La parola deriva dal latino “miniare“, cioè “tingere con il minio”, un minerale di colore rosso che era molto usato nei disegni e nelle parole. Con il passare del tempo il termine miniatura passò a indicare la rappresentazione in piccolo di persone e oggetti.

Nei manoscritti medievali, le miniature sono collocate nelle lettere iniziali di ogni capitolo o paragrafo.

Le miniature non vogliono essere delle semplici decorazioni: se osservate con attenzione, le illustrazioni presenti nella miniatura aiutano il lettore a comprendere meglio il contenuto del libro.

“Non c’è solitudine senza silenzio,

e il silenzio è tacere ma è anche ascoltare”

Eugenio Borgna

Gabriella

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